Torno a casa. Ho già un po’ d’appetito. Ingurgito qualcosa velocemente, un pomodorino, una fetta di polenta avanzata del giorno prima. Mi ritiro di sotto. Accendo lo stereo e metto una tape a caso. Mi siedo a terra, allungo le gambe e mi rollo una sigaretta di tabacco. Pensiero fisso verso quel volto. Confuso dai ricordi, e sì che non ci conosciamo da un giorno, ma da tre anni, ormai. Mi pare di conoscerlo da sempre e, nello stesso istante, di non averlo mai conosciuto realmente. Percepisco il relativismo della mia realtà. Mi pare tutto così fittizio. “Sospensione” descrive il mio umore ultimamente. A metà di tutto, di me stessa, della vita, delle relazioni umane. Mi gratto dietro al collo. Quella piaga non mi dà tregua. Accendo la sigaretta. Volto la mia testa a destra e fisso un punto qualsiasi di un mio disegno appeso allo porta in legno. Da quant’è che non disegno? “Sitting on a unicorn” è la sola frase che mi crea ispirazione. Prima o poi, ci creerò qualcosa sopra. Grazie Pink Floyd, grazie T. Sono sudata. Ho caldo e freddo assieme.
La sua voce mi ritocca l’anima Mi viene la voglia di sorridere ma, la sua storia è triste e incredibile. La sua storia esiste ma non finisce, e chi lo sa se finirà L’unica cosa certa e sicura, è che lei non morirà
La sua voce mi ritocca l’anima Il suo fruscio nel mare mi evoca felicità Ma non tanto è la sua storia, ascoltala … lo puoi fare … se lo vuoi Non la conoscono in molti, è misteriosa già stesso lei
Compro un computer portatile per portarmi via, seguo la scia della morte, onnivora, nessuno potrà salvarmi, neppure lo scricchiolio delle tue cosce, morbide, vellutate, al tatto tattili.
Me ne sbafo dei loro baffi e della loro divisa, "categorizzati" ed i loro giuramenti, la fanfara, le grandi parate, la loro "giustizia", sono poliedrico, liquido, un nemico pubblico guardato a vista, che sviste ragazzi, non mi piglian mai, mai dire mai è vero, ma il mio mai è il mio amai. Che ne sa l'ordine, la morale, la compostezza, dell'amore vero? Quello non matrimoniale da "quadretto", ma qualcosa di tremendamente selvaggio, che mi sputa godimento.
Mi cibavo di pane & Cinema, adesso sono affetto da una gelosia unica. Non so cosa combina la mia ragazza in giro. E' questa la massima storica altro che quella di Bob De Niro in "Taxi Driver" sulla pioggia che ripulirà, una volta per tutte, le strade.
Indossare una giacchetta di jeans, appena slacciata e strappata, slabbrarsi di buovo nella vita, sbarbarsi in cerca di sbarbine, una mano di donna "puledrizza" il tuo coso, che ringhia, fumosamente nitrisce, bestemmia la creazione della Donna, perché Brigitte Bardot è lei. Ai giovani poco importa imparare, quando hanno dalla loro lo stadio Dall'Ara. Perchè arare quando si può pomiciare? Mi assumono in fabbrica, rincaso tardissimo e sebbene sia negligente sul lavoro, alienante e deprimente, mi ripiglio alla grande e subito dopo essermi masturbato in bagno, con le bollicine che cantava Mina, "Le mille bolle blu".
La vita è grigia, il mio plaid "puzza" di meraviglioso arcobaleno. Focoso mi spalmo della nitroglicerina, e poi faccio boom sopra il tuo seno, "artificialmente" cerebrale, umanamente umanissimo. Dio che seno, così allattante, allettante, invitante. Bevo latte e succhio la morte. Così, con le labbra impigliate nei tuoi capezzoli. La mia lingua fornica la tua vagina, in fretta, poi cadenza il ritmo, "musicaleggiando" con brevi ma "dolorosi", piacevolmente, colpetti.
Metto in fila le bottiglie sul mobile. L'orologio digitale mi acceca, mi trafigge la vista. Non riesco a capire dove mi trovo, non mi importa. Rifletto su cio' che mi circonda. Bene, ora so dove mi trovo. Sul tavolo non si contano i fiammiferi, quanto spreco. Ne avevo passate tantissime, sbornie suicide, dipendenze varie, vagabondaggi, coltelli puntati alla pancia, metadone, merda, treni casa, notti polverose, necrologie. Mi sono sempre vantato di essere forte e ora per una donna crollavo e cadevo nel pozzo. E no, miei cari. I vestiti sono sudici , straboccano di sporco, puzzano davvero tanto. Il sudore è una patina che circonda prima la mente, che il corpo. LA TESTA. La testa è uno scaldabagno.
Oggi sto a digiuno, mangio solo un po' di pasta al pomodoro e poi libero il ventre con sereni (fras)tuoni, rumori schizzanti che deambulano felici e zigzaganti nell'aria. Mi attacco al palo della Luce sotto casa mia e mi arrostisco, brucio come la sigaretta che desiderai, con tutto me stesso, penso, poi, al sesso, lo sublimo con del tiramisù appena comprato al market, qui vicino.
Il passeggero è Nicolas Cage, uomo, forse, pessimo, poco digeribile, attore insulso, pedestre, fors'anche geniale per via della sua incompetenza, eppure s'è affermato di film in film, tanto da diventare una faccia riconoscibilissima dal grande pubblico, insomma, una star di prima grandezza con tanto di cachet esorbitanti a sua disposizione per ogni ruolo presente/futuro che accetta. Il mistero Nicolas Cage inizia nell'oramai lontano '94, quando viene chiamato, a sopresa, ad incarnare l'autodistruttivo, sceneggiatore fallito ed alcolista Ben in "Via da Las Vegas".
Attore di razza purissima. 1 I soliti sospetti Fenster, zitto, muto, voyeur. 2 The Fan - Il mito Juan Primo, scorbutico, giovanissimo, con l'ebbrezza della giovinezza, "vincente". 3 Fratelli Una maschera gelidissima, praticamente metallo innevato.Gaspare Spoglia. 4 Traffic Javier Rodriguez. Recitazione alla Marlon Brando, tutto di palpebre, ammiccamenti ed implosione.Da Oscar, giustamente vinto. 5 The Hunted - La preda Ritorno a casa ammaccato, da uomo ad animale predatore, un killer salamandra. 6 21 grammi Un martire della salvezza, si crogiola nell'utopia di poter tornare a vivere, dura pochissimo, il dolore lo domina. Lo annienta, non si cicatrizza l'anima, neppure con dell'alcool. 7 Che E' Ernesto Che Guevara, il mito, laddove ci provò Walter Salles, dove tentò Malick, c'è riuscito Soderbergh. A realizzarlo perlomeno, il film è però piatto, anemico.
Il principe Il principe è un uomo che non ha niente a che vedere col Tempo che vive, troppo estraneo alle lotte giornaliere per il cibo, per il tanto agognato pane. Non ha obblighi né impegni da rispettare, è libero, nessuno lo comanda ed a nessuno deve rendere conto del suo "operato", se non al massimo conservare la sua "aura" per non mischiarsi alla gente comune. Il principe è un uomo (s)fortunato, perché dentro la prigione della sua (s)fortuna. E' propenso ad ammalarsi d'ipocondria, per riempire il vuoto che la solitudine di una vita "flashata" porta con sé.