repentina la mia presa di coscienza; ecco cosa vuoi che sia:una angelica puttana. un viso candido, occhi rapiti e sognanti, labbra umide, leggermente aperte che rimandano o qualcosa;
Avvolto nella nebbia l'amore che giace lontano e il dolore piangente a dirigere il traffico... sotto casa mia c'è un semaforo e le macchine suonano mentre scivolano sull'asfalto come insetti
“Perché uno che vuole non può? Cosa mi sta succedendo? Dov’è io?” “Calma ragazzo, calma. Bevi questo, bevilo caldo, siediti e aspetta” “Sono un pazzo, sono pazzo, non riesco a pensare, sono un ostaggio della mia mente”
Hey tu! Sì tu che ti senti finito. Non hai altro da fare che piangerti addosso? Hey! Parlo con Te! Che me ne frega dici? Cristo! Come sarebbe a dire? Non ti conosco amico, ma conosco la tua faccia perchè è stata la mia... E la mia faccia aveva la stessa espressione finita. No, non ti conosco.
"Credo di essere arrivato alla fine", disse Fabio al suo amico Lorenzo, mentre finiva il terzo bicchiere di vino.
Il posto dove stavano bevendo era così affollato e rumoroso che Fabio pensò che se chiunque si fosse sparato nel bezzo del locale, nessuno se ne sarebbe accorto. Tra l'altro era martedì. Il martedì, suonavano sempre i gruppi rock della zona, un modo gentile per descrivere un ammasso di ragazzini, alle prese con uno strumento e una paga fatta di "bevute gratis e patatine fritte". Conclusione, tre bicchieri di vino, un frastuono imbarazzante di batteria e pochissima comunicazione.
Tieni il ritmo della pioggia, sulle note di Riders on the storm, la barba è incolta da settimane ma poco ti importa, sai che dovrai uscire perché le sigarette stanno finendo. “Fanculo”, pensi, “non ho voglia di uscire, non fumo”, ma sai anche tu che non sarà così. Il bicchiere è pieno, la bottiglia no, non ricordi neanche cosa sia, forse Barbon forse J & B, non importa. Annusi il bicchiere “Barbon, c’è anche scritto, cazzo”. E ci pensi ancora uomo triste, pensi a quando vivevi nell’illusione della libertà, quando credevi di poterti alzare in piedi e proclamare la tua assoluta e indiscutibile libertà.
Noi, esseri immondi di stratosferiche stravaganze noi, esseri della luna ormoni impazienti e petulanti Mostri di cera, luppolo e acqua speranze vaghe di infermi malesseri Sterili sacrifici ornati di pietre
Senza dubbio Alessandro e’ un uomo impossibile. E’ da almeno cinque mesi che non mi sento così vuota e stanca. Sopraffatta dall’ansia oziavo sul letto disfatto, caldo, circondata da mozziconi di sigarette, cuscini di piume d’oca accartocciati, libri incominciati e non terminati, fogli scarabocchiati, e Martino. Il sole, con il suo raggio pungente, illuminava la stanza. Mi infastidiva. Ero in uno stato di trance, in un pozzo senza fondo. Mi odiavo per questo. Il problema e’ che sono una persona passionale e istintiva. Troppo sensibile per gli altri. Riesco a vivere gli eventi con il corpo intero, con le mie cellule ed il mio spirito finché non arrivo al punto di averne abbastanza. Solo allora scelgo un’altra strada.
Quella sera dovevamo registrare i pezzi con la band, cioè cinque disgraziati messi insieme per un dispetto di un qualche dio non bene identificato. L’appuntamento era alle nove in sala d’incisione, così Davide, il cantante, venne a cena da me, sennò non ce l’avrebbe mai fatta ad arrivare in tempo, lui lavora. A cena bevemmo un buon litro di rosso conero a testa. Era un buon inizio. Alle nove eravamo pronti. Ci recammo in sala d’incisione, con la mente già a buon punto e il vino che cominciava a dare i suoi effetti. Andò tutto alla perfezione, le chitarre suonavano come impossessate, accompagnate da batteria e basso incalzanti.
Secondo Bukowski: "la cosa peggiore per uno scrittore è conoscere un altro scrittore, o peggio ancora, conoscere parecchi altri scrittori. Come mosche sullo stesso stronzo".
Ero appoggiato al banco, in un bar del centro. Sorseggiavo vino bianco e prendevo appunti su un taccuino. Un tizio si avvicinò, giovane, circa quarant'anni, sorridente,
"io dico che non c'è la fa!" "anch'io punto dieci euro che non c'è la fa!" "Anche per me non c'è la farai amico!" "e invece vi dico che stavolta lo faccio" dissi ai miei tre amici quel giorno nella grande piazza Duomo di MIlano.