Rumori e il sapore della solitudine. Parcheggiare lontano la propria vita senza forse e senza perchè. Non ho pagato abbastanza, ma spero, di arrivare lo stesso, magari, questa volta, ho fortuna.
Seduto a quel tavolino di un bar gli sembrava un’altra di quelle giornate uguali ormai da diverso tempo, lui, la sua birra e tanti pensieri che sui muovono tra un sorriso ed un saluto agli altri avventori. Invece ad un certo punto sentì uno strano calore dietro sul collo, pelle calda che si appoggiava strofinandosi a lui.
Giorni VS Giorni vi sara' capitato di vivere una giornata con una tale intensita' che in essa vi fosse contenuta un'intera settimana? Be' il sottoscritto sta vivendo questo settembre come un lunedì lungo 30 giorni. Un mese di soli lunedì.
Godi del mio profumo, dei miei seni ti lasci trasportare dall’onda del desiderio cercando un espediente per rendermi il gioco della tua passione fuggevole mi guardi e cerchi di prendermi mi vuoi nella tua libidine amorevole Dici tu, puttana, che godi di me.
Martini sulla scrivania,alla mia sinistra. Sigaretta accesa nella mano destra. Mi abbandono sulla sedia,cullato dalla musica. Non sono felice,non sono triste…la solita mancanza di emozioni che scandisce il passare di troppe,troppe giornate. La concentrazione è nulla,spreco minuti su minuti a fissare il vuoto,senza focalizzarmi su nessun pensiero.
Un colpo di tosse, cambio la cassetta nell'autoradio della macchina e ingrano la retro. L'odore che c'è nella mia Panda 4x4 mi fa quasi venire voglia di vomitare ma non posso, trattengo, e cerco di non respirare troppo profondamente. Ci fumo dentro, ma non è quello, non è l'odore stantio del tabacco, è qualcos'altro. Un odore di vecchio, o forse, di tristezza e malinconia.
Succedeva spesso. Soprattutto in quei giorni. Mi svegliavo con la sensazione di non aver combinato nulla di buono nella vita. Nessuna famiglia. Nessuna ambizione. Vita amorosa deludente. E vita sessuale ancora peggio. Se possibile.
La camera d'albergo era ben arredata e io stanca per il lungo viaggio non vedevo l'ora di farmi un bagno. Mi spogliai completamente ed entrai in quel mare artificiale. Una musica dolce mi avvolse e non potei far altro che abbandonarmici. Resistetti senza morirne a quel triste soffocamento e poi risalì, respirai e spruzzai acqua dappertutto. Iniziò a piovere, uscì dalla vasca e aprì la finestra: un cielo grigio, un accendino rosso, una sigaretta e poi i passanti, gli ombrelli e qualche barbone. Tu dall'altra parte seduto e nudo.
un soffio di caldo tra i capelli non più neri le traversine che ora segnano il passo e del tempo danno uno scandito e acerbo surrogato le poche spicciole parole che in lacrime tagliamo con l’accetta
La voce squilibrata del cantante dei Devo dava il tempo della storia. Squilibrata appunto. Sconnessa. Con parole insignificanti che riempivano gli spazi lasciati vuoti dal disinteresse, dal distacco emozionale di certi momenti. Parole che sostituivano verità. Maschere leggere indossate con difficoltà per apparire migliori nonostante si fosse morti da tempo. Era perfettamente consapevole del momento in cui si infilava quella maschera. Lo sapeva. Lo sapevano benissimo entrambi. Ma la indossavano ugualmente. Era importante farlo tanto si era morti comunque. Era tutto morto, finito, seppellito con ancora le bautte indosso.
Bevo, spinto da una sete sudicia e insana che trova riposo e giustizia nelle fonti sicure di coloro che su carta gettavano fiumi di inchiostro e di vita spinti da un amore insopportabile verso anormalità e follia Versi capaci di scardinare certezze e convenzioni Di tendere fendenti di sciabola dritti al cuore di arrivismi regolarizzati, religiose routine e ordinarie amarezze.
La Professoressa stava spiegando qualcosa di storia quando inziò il mio tormento.Avevo all'in'circa sui dodici anni o giù di lì e me ne stavo tranquillo a tentare di ascoltare la lezione,quando sentii una brusca,fastidiosa e dolorosissima frustata sul collo.
Entrai nel bar. Non so cosa mi aveva portato fin lì. Cioè, lo sapevo, erano state le gambe, ma non sapevo quali fossero le motivazioni per le quali mi fossi messo addosso il cappotto e fossi uscito in quella fredda serata. Nessun volto noto, una fortuna pensai. In quel periodo non amavo molto la compagnia. Mi sentivo troppo giusto e intelligente per star con gli altri. Ma la realtà era molto più cruda e semplice: ero solo più figlio di puttana di tutti quanti gli altri, e vedere la loro merda finiva per ricordarmi della mia.. Il banco era tutto pieno.