fontane impazzite mi calpestano di notte fedifrago quanto basta ad accarezzare tonalità mi rivedo in giorni di trepida calma il balcone ha più ruggine e gli occhiali sarebbero da pulire domani con la calma piatta di un recensore
Ho finito di autoflagellarmi. Ho finito di trovare colpe che neanche ho. Ho finito di rotolarmi tra le mie scuse e i miei macrabi pensieri. Non affoghero' piu' nel mare di lacrime, vomito e piscio. Alzo la testa, guardo avanti.
guardala. ha quegli occhi profondi, dolci, scavati e tristi ai quali non so resistere.. non balla, forse anche lei non sopporta questa regga music e tutta questa ostentata felicità californiana, a me il sottofondo ricorda solo recenti serate pessime e sbronze ancora peggio. forse è qui come me, più per caso-trasportata, che per scelta. troppa gente vuole "divertirsi" a tutti i costi.
Questa notte ho scoperto Che la mia anima non è fatta di whisky; dovrei vivere con la mia borsa lasciando perdere la mia istruzione pagata a rate. Infondo ci tengo alla mia vita Ma la lascio costantemente sul filo del rasoio O nel comodino.
L'arte è dire in poche parole qualcosa di complesso e lo stile è il braccio dell'arte,senza stile puoi urlare la mondo le verità assolute ma nessuno darà peso al tuo farfugliar meticcio. Sono cotto dalle bevute ed essere un ubriacone da un vantaggio: l'orgasmo esistenziale.
Salgo le scale. Due voci rimbombano Nel corridoio vuoto. E freddo di Novembre. Parlano d'un ubriacone. Di uno sporcaccione che si masturba sul balcone.
Segni loquaci dei tempi che furono, passeggio brullo tra i salici marmorei, estraggo gocce d’Italia da un povero leccio, poi mi volto,guardo,annuso,urlo, poi convolgo su me stesso godendo dell’ultima goccia di un bicchiere ormai vuoto.
I Lynyrd Skynyrd dicevano sempre “Fare tutto, farlo in fretta e morire giovani” e questo era anche il nostro motto. Ricordo ancora tutte le cazzate che facevamo anche a rischio di restarci secchi e più c'era rischio, più ci piaceva; la scarica adrenalinica era incontenibile e dispensava euforia all’inverosimile.
Era una giornata di quelle strane. Di quelle in cui non comprendi se fa caldo o se fa freddo. Così mi vestii a strati. Dei fuseaux neri stretti, delle calze leggere, una minigonna nera, gli stivali neri alti fin sotto al ginocchio, una canottierina nera, la felpa nera col cappuccio che tanto mi piace. Poi misi nello zaino due bottiglie di Montepulciano d'Abruzzo, un bicchiere di plastica riutilizzabile, dei fazzolettini di carta, un block notes, un libro preso da poco, una penna nera, una coperta azzurra, un cavatappi ed il giubbettino rosa. Chiusi lo zaino alla meglio. Mi misi gli occhiali da sole e la sciarpa. Mi munii anche di un paio di guanti, di quelli senza le dita ed uscii di casa. Mi diressi per prima cosa verso la biblioteca. Salutai Corrado, il bibliotecario, e parlai un po' con lui. Si accorse che non era una delle giornate migliori, così cercò lui un libro per me...eheh...lui sa cosa mi piace e mi diede da leggere, per l'ennesima volta, "donne" di Bukowsky. Strizzai l'occhio e me ne andai.
Sono qui pensando di poter fare quello che non posso fare, mi illudo di poter scrivere qualcosa su di te, qualcosa di vero. E' così forte la nostalgia, pochi momenti dopo che te ne sei andata, come sempre. Percorrerei migliaia di chilometri dentro la nebbia per riempirti ancora una volta, per nascondermi nel caldo rifugio del tuo corpo e della tua anima.
Quando incontrai henry pensai che fosse uno scherzo della natura. Il suo aspetto da paciocchino in miniatura coi baffi parlava chiaro. Non superava il metro e sessanta e aveva occhi piccoli e tinti di azzurro che irradiavano una sorta di luce di speranza. Occhi allegri. Era l'unica cosa che di bello avesse il suo aspetto.
Apro gli occhi, è una cazzo di giornata di questo strano secolo, una delle tante, non esistono più le stagioni, né giorni, né mesi, il tempo si fa i cazzi suoi, un po’ piove, un po’ fa freddo, poi c’è il sole, troppo caldo. Non so come vestirmi, resto nudo, fa freddo, mi alzo, metto su il caffè e giro uno spinello. Bevo il caffè, accendo lo spinello, faccio due grandi tirate, comincio a sudare, ora c’è il sole, fa caldo. Il fumo è buono e mi dà alla testa, il caffè mi scioglie lo stomaco, vado al cesso, mi siedo sulla tavoletta e ne faccio uno da 1 chilo, mi pulisco e tiro lo sciacquone. Stremato dallo sforzo e dal caldo, mi ficco sotto la doccia, l’acqua è gelida, batto la testa e scivolo giù privo di sensi.
cammino per il garage con la gatta sulla spalla. si mette a rognare. la lascio saltare a terra e lei inizia a divincolarsi tra le mie gambe. penso: mio padre sta diventando pazzo. mangia psicofarmaci e si lamenta del cibo. ora sta zitto sempre. dorme con la testa sul tavolo e beve meno vino del solito. io lo guardo. lancio del disprezzo misto a disapprovazione e tristezza e scappo dalla tavola. mia madre gioca ai videogames ed ormai ha perso il lavoro. io non ho lavoro. mio padre lavora ed è come uno zombie ormai. mia sorella lavora ed esce sempre di casa. beata lei. lei si è cuccata il meglio della vita e del dna: è fica, ha gli occhi azzurri, è alta, ha un lavoro fisso (6 ore al giorno...mica 8) e scopa sempre. io: non sono niente di che, magari scopabile, poi dipende dalla condizione di chi mi vuol scopare, occhi verde/giallo/marrone, niente lavoro e scopo se capita. e non sono tanto alta. normale. 165. 1-6-5-c-m. e neanche fossi tanto a posto.