Eravamo andati in spiaggia con l’auto di Rod. Le ragazze ci stavano tormentando da tempo per andare su quella stramaledetta spiaggia a far baldoria. Avevamo tutto l’occorrente per un week end all’insegna di un trambusto mentale che ci avrebbe annientato per almeno mezza settimana. Appena arrivati depositammo i termos pieni di birre sulla sabbia e montammo la tenda nei pressi di un cespuglio. Vicino c’era un bidone dell’immondizia semivuoto.
Se lo ricorderanno tutti come un buon diavolo, con i suoi calzoni puliti pieni di terra per essersi chinato a scavare assieme ai contadini.
Con le sue pastiglie, per essere lucido nel momento in cui la pazzia furiosa lo avrebbe chiamato così da potersi gettare nelle sue braccia e non perdere un minuto.
Tentacoli viscidi bucano lo schermo e acchiappano la membrana, risucchiando la poca materia liquefatta, da tempo lavata. Hanno sembianze pure, magnifiche, ma allo stesso tempo finte. Con sorrisi a pieni denti, occhi persi, corpi scolpiti. Sembrano manichini, oggetti, plastica e poliestere sembra formarli.
La scena è ambientata all'interno di un tempio buddhista. Un monaco seduto a gambe incrociate, diverso dagli altri, con sembianze occidentali, piuttosto corpulento, sta imprecando, mentre nella sua stanza entra Tughen Glogli, altro religioso e suo assistente.
-" Tughen, che è 'sta mmerda? " -" ... Uh?... Di che parli, maestro? " Il monaco occidentale sbatte sul pavimento la copia di un giornale. La pagina in questione riporta a titoli cubitali la cifra "21-12- 2012" e sotto, in neretto, "La fine del mondo? ". Murray Mc Henzie ( questo è il nome del sacerdote caucasico ), guarda furente Tughen Glogli e con un segno imperioso e calmo della mano lo invita ad accovacciarsi di fronte a lui.
lore : stai correndo? nico: no zero, mi sto facendo un altro tatuaggio. però sto bevendo. lore: ancora cazzo?! un altro?! tra un pò ti riconoscerò solo dal cazzo. ma dove l'hai fatto? nico: polpaccio lore, polpaccio. lore: ma figa.. nico: eh lo so ma sono annoiato. e poi sono innamorato. a proposito di amore, sai che ho sentito la croce? lore: eh nico: e mi ha detto che non mi faccio mai sentire lore: eh? eh tu? nico: le ho detto che sono un meschino lore: ahahah
mi trovo per caso, per caso, su un tuo blog... ti riconosco, sei tu.. di me non c'è traccia ma sei tu... e capisco, capisco quanto sia stupido credere, crederci, crederti.. ti riconosco, sei tu, m'accorgo però che non ti conosco, che non sei quella che raccontavi, che credevo... piena di te e di quella vogia di te e io, solo io, qualcosa no qualcuno... ehi...ho capito cosa amavi di me, solo perché ti amavo... ...chissà poi perché...
Questi tempi odorano di latrine putride in parchi desolati, si gioca ad improvvisare per l'amore che si è perduto, mai più ritrovato, forse solo immaginato.
La notte ferisce, come un bicchiere spaccato taglia le mani, il whiskey scende nella gola e corre nelle vene gonfie di vita.
I proiettili a quattro ruote sono un pericolo che non ti aspetti, subdolo nella finzione di essere riparo, bare di metallo a misura d'uomo.
Strade scoscese piene di merda, sacchetti e mozziconi Barboni agli angoli mangiano chrekers scaduti Piccioni ovunque, sopra sotto, al fianco Corro e sguazzo veloce tra vie sconosciute Mi sono perso, non so dove mi trovo Rom deformi chiedono l'elemosina sul ciglio Mentre chi ci ha fregato Sfoggia un nuovo completo, una cravatta stravagante Ritrovo la via, sono in centro Nel nulla..... Neri enormi sorvegliano le entrate Centurioni dei nostri tempi Un piccione zoppo arranca su una briciola Uomini e piccioni non sono troppo diversi A volte vince il sentimento A volte vince la vita Non ce' da stupirsi, l'affanno fa da padrone mentre mi assopisco su una scatoletta al ritmo del metallo che corre.
Mentre guardo paesaggi scorrere da un finestrino appannato, sento una fitta terribile al cervello, un dolore che mi rende privo di sensi per qualche attimo. Sono qui nella nebbia piu' totale rimpiangendo molti degli errori fatti in passato, ma ormai il dado è tratto.... Non si torna indietro e non ci si dovrebbe voltare mai. io l sto facendo, sapendo che mi pentiro' anche di questo. Non importa. Perche' importa a qualcuno delle centinaia di cadaveri che ogni giorno consumano il mio ossigeno, stupidi farlocchi senza senso e senza vita, legati al soldo e ad una scopata vecchia e senza amore. Importa a qualcuno dello schifo che tutti respiriamo in una citta' galera piena di occhi meccanici e di guardiani infami pronti a succhiare vita e tempo. Importa a qualcuno che la fame divora piu' l'anima che il corpo, anche se il secondo ne soffre di piu'. Non importa a nessuno, ovvio. Rimane il fatto che consumiamo la nostra liberta' in nome della comodita' e del quieto vivere. Affanculo tutte le prediche del cazzo, fatte da maestri che razzolano bene e predicano male. Io voglio vivere tutto e subito. Tutto è mio e tutto lo sara' per sempre. Ho gia' sprecato forza nella sofferenza ed ora voglio avere il mio riscatto. Cerchiamo il modo di fottere i vermi del mostro delle televisioni.Nuova vita e delirio per tutti.
Il primo dei racconti di viaggio si svolge in Canada; qua siamo arrivati dopo un certo girovagare negli States, dove abbiamo fatto tappa prima a New York e dopo a Boston, ma di questo parleremo in seguito. Dunque l’ambientazione del primo racconto e’ sulla lunga strada che da Montreal conduce a Toronto. Stiamo viaggiando gia’ da parecchie ore e decidiamo di fermarci per la notte in un paese che, leggendo sulla cartina, mi avrebbe dato ispirazione, cosi’ dissi.
La solitudine, quell’esperienza inutile! Ti prende con le sue voglie e tu a terra, sentendo il giorno che ti accoglie come chi non ha più forza di dire no all’alcol o ad un brutto sogno che continua. Troppe parole non sono mai servite, sono somma di un inutile contrasto; non sono mai stato bravo a piangere, a capire a cosa serve, anche se a volte serve.
A La Habana, a Marianao, esiste una cafeteria en moneda nacional che si chiama “Cuatros Curvas”. E’ nell’angolo dominante di un incrocio…E’ un incrocio importante, dove passano macchine e gente. Ha quattro strade che portano in direzioni “infinite”. Dalla cafeteria bastano cinque minuti e vedi passare un mondo. Davanti alla cafeteria hanno dipinto, e lo vedo da dodici anni, sempre un po’ consumato e poi rifiorito, un ritratto di J. Martì, fatto di macchie nere, come si usa per il Che, e con scritte sul 26 di luglio (Victoria de…) che dice: “Las ideas venceran” . Lo sfondo è un muro azzurro che nasconde un magazzino. E’ un lato delle quattro strade che fa da angolo alla strada che porta all’aeroporto… Alla fine del muro, guardando da un tavolo del “Quatros curvas”, si vede una piccola via, la quinta, che sembra cieca, che porta dritta all’entrata, nel retro, degli impiegati del “Tropicana”. Da lì passano i lavoratori, le lavoratrici, gli artisti come i turisti non vedono. Il loro lavoro sarà bruciato, ogni sera, nelle luci inarrivabili di un’ora di spettacolo. E la stessa porta dove ogni giorno giovani bellissime ragazze, opera caffèlatte di secoli di storia, figlie di schiavi, cimarrones e conquistadores, si siedono su un muretto appena fuori… Guardano la porta, con la speranza di un provino e un sogno, magari per poi trovare un amante, forse straniero, forse italiano, magari che le sta guardando, seduto con aria vagamente travestita, con una cerveza de la calle in mano, dalla cafeteria del “Cuatros curvas”…